L’apprendistato obbliga all’assunzione? Quali sono i modelli più comuni per testare le capacità dei potenziali dipendenti o collaboratori

Fra gli aspetti più delicati nella gestione di un’azienda di dimensioni medie e piccole – specie se attiva in un settore connotato da lavorazioni o dall’uso di tecnologie altamente specializzate – vi sono indubbiamente la scelta di nuovi collaboratori e la valutazione “sul campo” delle loro effettive capacità. In quest’ottica, solo di rado la durata del periodo di prova regolato dalla legge e dalla contrattazione collettiva è sufficiente a completare il delicato e complesso esercizio consistente nel soppesare l’idoneità di un determinato individuo a inserirsi armonicamente, per capacità professionali e attitudini personali, nell’organizzazione aziendale.

Per di più, il desiderio di ogni imprenditore è di formare i collaboratori, se non esattamente a propria immagine e somiglianza, almeno in maniera tale da garantire la migliore conoscenza dei compiti assegnati e la loro più efficiente esecuzione. Da qui il desiderio che i candidati soddisfino, al contempo, requisiti di freschezza e adattabilità da un lato e di maturità ed esperienza dall’altro.

Tenendo in mente questo complesso di necessità e aspirazioni dell’imprenditore, lo strumento più flessibile messo a disposizione dal nostro ordinamento giuslavoristico è quello dell’apprendistato, nelle sue quattro attuali declinazioni.

In linea generale, quello di apprendistato si definisce come contratto “a causa mista”, nel senso che esso, accanto allo scopo normale di scambio fra una prestazione lavorativa e un corrispettivo (la retribuzione), ha anche quello dell’organizzazione, da parte dell’azienda, di un percorso formativo a beneficio del lavoratore. Inoltre, l’apprendistato propriamente detto (che si articola nei primi tre tipi contrattuali) è finalizzato a incentivare l’occupazione giovanile, attraverso la concessione di agevolazioni di carattere contributivo e normativo.

Il primo tipo di contratto è l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore: è rivolto ai giovani di età compresa tra 15 e 25 anni e non può avere durata non superiore a 36 mesi (anche in relazione alla qualifica o al diploma da conseguire), che diventano 48 nel caso di diploma professionale quadriennale.

Il secondo è l’apprendistato professionalizzante, che ha il fine di far conseguire al lavoratore una qualifica professionale ai fini contrattuali, attraverso un percorso di formazione sul lavoro e di apprendimento tecnico-professionale: in linea generale è rivolto a giovani di età compresa tra 18 e 29 anni, ma è prevista una deroga per i soggetti di diciassette anni che abbiano già conseguito una qualifica professionale ai sensi del d.lgs. 226 del 2005 (che disciplina il ciclo di istruzione e formazione rappresentato dai licei e dagli istituti di formazione professionale); per questa tipologia di contratto, la legge prevede una durata del periodo di apprendistato non superiore a 36 mesi, che diventano 5 anni nel caso di figure professionali artigiane individuate dai contratti collettivi.

Il terzo tipo di apprendistato è quellodi alta formazione e ricerca, che riguarda soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni e può essere utilizzato per conseguire titoli di studio universitari e di alta formazione (dottorati di ricerca, diplomi degli istituti tecnici superiori o per attività di ricerca); in questo caso, la durata e la disciplina relativa alla formazione sono stabilite dalle Regioni, in accordo con le associazioni di categoria, le università, e le altre istituzioni di formazione e ricerca.

Queste tre tipologie di contratto mettono a disposizione, soprattutto delle PMI, altrettanti flessibili strumenti di inserimento, formazione e concreta valutazione, per congrui archi di tempo, di risorse nuove e giovani, solitamente favorite in sede di selezione.

Tuttavia, non di rado assume rilevanza fra i criteri di scelta quello di una maggiore maturità ed esperienza, che difficilmente può essere soddisfatto da soggetti alla loro prima esperienza lavorativa. Può rivelarsi utile, allora, la quarta tipologia di contratto di formazione – in vigore dal gennaio 2022 e, forse per questo, meno nota e applicata – che, senza limiti di età, mira alla qualificazione o riqualificazione professionale di lavoratori che beneficino dell’indennità di mobilità o di soggetti disoccupati, fruitori di NASpI o DIS COLL. Si può dire che alla “causa mista” sintetizzata sopra sia qui integrata da un’indubbia funzione di riscatto sociale.

In tutti i casi esaminati, i contratti di apprendistato non incidono sulla dimensione occupazionale del datore di lavoro e non comportano l’obbligo di assunzione, dal momento che, al termine del periodo di apprendistato, ciascuna delle parti è libera di recedere dal contratto, nel rispetto del termine di preavviso (se il recesso non viene esercitato, invece, insorge un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato).

Avv.ti Alessandro Facchino ed Enzo Cardone