Parità di genere: uno dei pilastri della metrica ESG

I criteri ESG – acronimo di “Environmental”, “Social” and “Governance” – sono indicatori che permettono di analizzare l’attività di un’impresa o di un’organizzazione non solo su aspetti finanziari, ma ambientai, sociali e di buona gestione.

Per diversi anni, l’attenzione di istituzioni e operatori è stata rivolta prevalentemente all’indicatore oggi rappresentato dalla E di “Environmental”, perché i rischi legati alla crisi climatica e la necessità di contenere il livello di emissioni hanno finito per mettere in ombra il valore e l’importanza dei temi relativi alla S di “Social” e alla G di “Governance”, che rivestono un’importanza non meno cruciale nell’ambito della trasformazione sostenibile di ogni organizzazione o azienda.

Nella metrica ESG, uno dei pilastri fondamentali legati alla S di “Social” è la parità di genere.

Diverse istituzioni hanno inserito il raggiungimento della parità di genere quale loro obiettivo primario, che è uno dei diritti fondamentali sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e è uno dei principali punti dell’Agenda dell’ONU 2030. Anche l’Unione europea ha varato la “Strategia per la Parità di Genere 2020 – 2025”.

Sulla scorta della Gender Equality Strategy 2020-2025 dell’UE, l’Italia ha varato la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, ponendola come una delle priorità trasversali del PNRR e come riferimento per l’attuazione della riforma del Family Act, al cui interno si inserisce la L. 162/2021. Quest’ultima ha introdotto nel nostro ordinamento la Certificazione per la parità di genere

La finalità del Sistema di certificazione per le imprese è quella di favorire l’adozione di politiche per la parità di genere e per il così detto empowerment femminile, migliorando la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di occupare posizioni di leadership, di armonizzare le esigenze del lavoro e della famiglia e di garantire la parità salariale e la tutela della maternità.

La certificazione avviene su richiesta dell’impresa ed è rilasciata da organismi accreditati, che operano sulla base della prassi UNI/PdR 125:2022.

In base all’art. 5, comma 2, della Legge 5 novembre 2021, n. 162 (Legge Gribaudo), alle aziende private che siano in possesso della certificazione della parità di genere è concesso un esonero dal versamento di una percentuale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro

Inoltre, sempre ai sensi della Legge Gribaudo (art. 5, comma 3), alle aziende che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, siano in possesso della certificazione della parità di genere in applicazione alla prassi UNI/PdR 125:2022 – rilasciata da un organismo di certificazione accreditato – è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione di proposte progettuali da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Inoltre, con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei loro avvisi un maggiore punteggio legato al possesso della certificazione di genere. Infine, l’art 106, comma 8, del nuovo Codice dei contratti pubblici prevede, per tutte le tipologie di contratto una diminuzione della garanzia del 20%, cumulabile con tutte le altre riduzioni previste dalla legge, in caso di possesso di certificazioni (riportate nell’allegato II. 13 al Codice) attestanti specifiche qualità, inclusa la certificazione della parità di genere.

Intensificare gli sforzi per eliminare la disparità di genere (Gender Gap) non rappresenta soltanto un obiettivo di altro valore morale – tanto che dovrebbe costituire un vero e proprio imperativo – ma anche un’importante opportunità per promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo.

Avv. ti Alessandro Facchino ed Enzo Cardone