Whistleblowing, da oggi anche nelle piccole e medie imprese più tutele per chi segnala cattive condotte.

Whistleblowing è uno di quei termini inglesi di difficile traduzione (e pronuncia: la “t” è muta, ad esempio) che richiedono spiegazioni non comprimibili in una singola parola. “Denuncia” non è sufficiente, perché Whistleblower è chi, con o senza autorizzazione, rivela informazioni private o classificate su un’organizzazione, di solito relative a illeciti o a una cattiva condotta. Nel lessico legale il termine si usa, in senso più esteso, per indicare l’insieme di strumenti e processi creati da un’organizzazione per consentire a dipendenti o terzi (clienti, fornitori o altri interessati) di segnalare in modo legittimo, riservato, anonimo e protetto illeciti che essa stessa abbia posto in essere (es. illeciti amministrativi, contabili, civili o penali, o ancora condotte illecite riguardanti l’indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato o di enti pubblici, la violazione di norme in materia di concorrenza).

In Italia la materia è disciplinata dal Decreto Whistleblowing (D. Lgs. n. 24 del 10 marzo2023), entrato in vigore il 30 marzo 2023. Esso estende la portata della nuova disciplina alle aziende private che, nell’ultimo anno, abbiano impiegato, in media, fra 50 e 249 lavoratori subordinati, a tempo indeterminato o determinato.

Senza inoltrarsi nello sfaccettato dibattito sui profili etici di queste segnalazioni, elemento chiave è la creazione di adeguati sistemi che garantiscano la riservatezza dei whistleblower e li tutelino da ritorsioni professionali, economiche o personali.

Per tutelarne l’anonimato, la disciplina prevede che l’identità del segnalante non possa essere rivelata a soggetti diversi da quelli competenti a ricevere o a dar seguito alla segnalazione. Il divieto si estende a tutti gli elementi della segnalazione atti a ricavare, anche indirettamente, l’identità del segnalante.

E’ vietata ogni forma di ritorsione, anche solo tentata o minacciata. In tal caso, il segnalante potrà sempre comunicare all’Autorità Nazionale Anti Corruzione le ritorsioni che ritiene di aver subito. L’ANAC informa l’Ispettorato Nazionale del Lavoro affinché provveda agli accertamenti necessari.

La norma, che in generale predilige i canali interni per la comunicazione di cattive condotte, prevede tre alternative:

  • canali interni, attivati direttamente dall’azienda;
  • canali esterni, attivati dall’ANAC;
  • canali pubblici (segnalazione ai mass media o a mezzi di diffusione in grado di raggiungere un elevato numero di persone, se la segnalazione non è stata gestita mediante altri canali o può avere impatti negativi sul pubblico interesse).

Le segnalazioni potranno avvenire: in forma orale (attraverso un call center dedicato, impianti di messaggistica vocale o tramite incontri dedicati, anche da remoto, fissati entro un termine ragionevole); in forma scritta, sia cartacea sia telematica (ad es., attraverso la compilazione di un forum online).

Entro il 17 dicembre 2023 tutte le imprese di medie dimensioni devono rendere operativi questi processi anche per evitare le sanzioni previste in caso di inadempimento, che possono ammontare fino a Euro 50.000.

Per la delicatezza degli interessi in gioco, i sistemi automatizzati di gestione del Whistleblowing sembrano più vantaggiosi per l’organizzazione: da un lato, permettendo ai whistleblower una maggiore tutela e riservatezza delle segnalazioni, specie rispetto ai metodi di comunicazione diretta; d’altro lato, garantendo all’azienda sia una più sicura conservazione delle segnalazioni, sia il loro costante monitoraggio, consentendo la visione d’insieme e la gestione delle posizioni aperte.

Avv.ti Alessandro Facchino ed Enzo Cardone